La nostalgia è uno dei pochi sentimenti che ci fa sentire felici di essere tristi. Ci struggiamo nei ricordi di qualcosa (anche di indefinito) che non c’è più ma che il solo pensiero ci fa sentire intensamente vivi. Mia madre raccontava che già a quattro o cinque anni mi svegliavo nel cuore della notte dicendo che sentivo la nostalgia nello stomaco. Poi quando ho iniziato a fare l’errante da una città all’altra, per lavoro, la nostalgia è diventata una condizione necessaria. Ne avevo quasi bisogno. Volevo la mia dose mensile. Quando mi mettevo in viaggio per tornare a casa mi sentivo così nostalgica, piena di amore cosmico…stavo così bene. Il viaggio da una casa all’altra diventava una dimensione mentale. Così mi sono composta il mio piatto della nostalgia: un filetto di manzo (taglio morbido, quello classico della mamma…) con una salsa di rafano, poca senape, una fogliolina di menta e una spruzzata di vermut. Un piatto con un leggero retrogusto di rafano, intenso ma non troppo, che permette di ottenere un sapore lungo, che soggiorna in bocca per molto tempo. Tutto il tempo in cui la nostalgia compie il tragitto che va dallo stomaco, dove nasce, alla testa, dove riusciamo a catturarla e a comprenderla. E in quell’istante, grazie anche al rafano, ci vengono quasi le lacrime agli occhi per l’emozione.