Negli anni ’50 e ’60 era la pesca a pasta bianca più coltivata nel cesenate. Vent’anni dopo, però, venne inesorabilmente abbandonata a favore di varietà più produttive, di più facile conservazione nelle celle frigorifere e più resistenti all’immagazzinamento e al trasporto. La sua bontà, purtroppo, non ha avuto la meglio sulla fragilità, tipica della freschezza. Le logiche di mercato hanno battuto la poesia 4 a 0. Partita insulsa, come a volte sono insulse le ragioni che muovono l’economia mondiale.
Ma la “Bella di Cesena”, che di poetico ha già il nome, ha lasciato di sè un bellissimo ricordo e non solo ai cesenati. Semenzale di origine sconosciuta, viene rintracciata la prima volta alla fine degli anni Venti dall’agricoltore Pieri Domenico a San Mauro in Valle di Cesena.
L’epoca di maturazione dei frutti e della raccolta è proprio metà luglio. Ora, se fossimo negli anni Cinquanta, potremmo assaggiare quelle belle pesche bianche un po’ pelosine, magari con qualche ammaccatura, ma così profumate e dolci. Dal sapore intenso, era l’unica pesca utilizzata per il noto long drink “Bellini” dal suo stesso inventore, Giuseppe Cipriani barman dell’Harry’s Bar. La Bella di Cesena, nella sua breve vita, avuto molti riconoscimenti, addirittura una statua dedicata a lei. Scolpita da Leonardo Lucchi è stata collocata all’interno della rotatoria a Martorano di Cesena.La scultura rappresenta una fanciulla coi capelli al vento, in mano ha un cesto di vimini e protende un braccio per raccogliere una pesca da un albero che pare avere i frutti d’oro. E forse erano davvero preziosi come l’oro.