Alzheimer, quando mia nonna prese la gomma e iniziò a cancellare

June 5, 2016
in Category: Pasta&food
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Alzheimer, quando mia nonna prese la gomma e iniziò a cancellare

Alzheimer, quando mia nonna prese la gomma e iniziò a cancellare

L’elefante deve scontare un’atroce punizione: ricordarsi tutto quello che ha fatto, visto, sentito, provato. Per via di questa memoria infinita, nascosta tra la testa e il collo, gli occhi dell’elefante sono diventati piccolissimi. Solo così riescono a selezionare la realtà che lo circonda, non ne può prendere troppa, non saprebbe dove metterla.

Nello stesso modo si comportava mia nonna negli ultimi anni della sua vita. I suoi occhi avevano già visto troppo, ora servivano solo a guardare, non più a vedere e riconoscere l’essenza delle cose.  E la sua anima, diventata leggera come quella di una bambina, era schiacciata dal peso enorme della memoria.

E così un giorno la mia nonna prese la gomma e decise di iniziare a cancellare quello che non serviva. Ma purtroppo lo fece a caso, cancellava di qua e di là, senza un ordine preciso. “Non so più fare il ragù” confessò una mattina alla mia mamma. “E non mi ricordo nemmeno come si fa a cucire”. Proprio lei che si era consumata gli occhi ricamando su fresche lenzuola di lino. Era come una bambina indifesa,  impaurita. Regrediva e regredendo cercava il modo di comprimere la sua memoria, bucherellava il quaderno della sua vita come fa uno scolaro di prima elementare quando sbaglia a scrivere e cancella, cancella fino a formare un buco. Poi un altro e un altro ancora. I medici chiamarono quel misterioso comportamento con un nome strano per noi bambini, Alzheimer. Per noi era solo la nonna  “dimenticona”, come l’avevamo soprannominata senza dirlo a mamma e papà.

Me la ricordo in sala che cammina. Le gambe anche se deboli erano ancora ferme, lo sguardo invece vagava sempre altrove. Chissà, forse, stava inseguendo un gioco che da bambina faceva con le sue sorelle, oppure sentiva i baci di suo marito mentre da giovane la corteggiava. C’è chi racconta che quando la nonna, ricoverata nella camera 18 dell’ospedale, chiuse gli occhi per sempre si sentì uno strano sospiro di sollievo nella stanza. Secondo me fu la sua enorme memoria che finalmente aveva trovato pace.

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