Sono rimasta fulminata la prima volta che ho visto la sua città d’origine, Figueres (a nord di Barcellona). Ha costruito un edificio molto grande (attualmente teatro/museo dove si trova anche la sua tomba) con uova sode per ornamento. Enormi uova soda attaccate al tetto. Salvador Dalì non è spagnolo, è catalano nell’anima e nel cuore. Un detto popolare sostiene che i catalani “trasformano le pietre in pane”… Sono bravi a cucinare, forse più dei castigliani, anche perchè hanno vissuto in una terra di lotte e di banditi dove la gente per sentirsi a casa si è dovuta arrangiare con la fantasia. E Salvador Dalì è un suo frutto. Uno dei migliori. Moltissime opere di Dalì raffigurano alimenti, simboli del suo modo di “mangiare” la vita. Ha sempre sostenuto che gli organi più vicini alla filosofia dell’uomo fossero le sue mandibole e che solo quando si arriva al midollo di qualcosa si può scoprire il sapore stesso della verità. Ricordate gli orologi fluidi rappresentati nei quadri “La persistenza della memoria” o in “Orologio alla prima esplosione”, ecco quei soggetti non gli sono stati ispirati dal concetto del tempo che si dilata e trascorre. Un concetto filosofico e artistico elevato. No. A ispirare Dalì è stata la visione di un formaggio fuso in un piatto mentre attendeva di essere mangiato. Geniale: cibo/nutrimento, tempo, cottura/cultura. C’è tutto il mondo racchiuso in quel pensiero creativo. Immenso Dalì.