Piatto dello “sfigato”. Come togliersi la sfortuna da dosso

December 8, 2015
in Category: Pasta&food
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Piatto dello “sfigato”. Come togliersi la sfortuna da dosso

Piatto dello “sfigato”. Come togliersi la sfortuna da dosso

Il più sfortunato di tutti gli uomini è colui che crede di esserlo (Francois Fenelon)

La fortuna gira. La sfiga sta ferma. E ti guarda. Sempre. (lddio, Twitter)

Stare accanto a una persona che si considera sfortunata è un’operazione rischiosa. A parte quei pochi cinici che pensano sia un vantaggio perché nel caso la sfiga passi da quelle parti hanno già pronto il parafulmini, tutti gli altri considerano la jella qualcosa di contagioso. Meglio starne lontani… Non è facile nemmeno cucinare per uno “sfigato”. Il soufflè si sgonfierà. La crema pasticcera? Dopo averla mescolata per un buon quarto d’ora impazzirà. E la panna montata assomiglierà più ai resti di un animale con la dissenteria che a una dolce delizia. Bisogna prestare molta attenzione all’onda d’urto che lo “sfigato” si porta inevitabilmente dietro. Tutto ha inizio quasi per gioco: il futuro “sfigato” (che non sa ancora di esserlo…) ride raccontando agli amici cosa gli è capitato quella volta, poi quell’altra, e quell’altra ancora. Finché qualcuno non pronuncia la frase cho lo inchioderà per tutta la vita alla sua condizione: “ma allora sei proprio uno sfigato..” E zacchete, in poco meno di un secondo, l’etichetta viene applicata come un marchio indelebile. Altro che digital reputation “macchiata”, qui siamo davanti a una forma di delirio psicotico dove i protagonisti sono un perseguitato e dei persecutori. Ma anche il perseguitato ha le sue colpe per non aver compreso quanto male abbia fatto alla sua autostima e alla sua immagine. Per questo motivo chi si sente sfortunato va un po’ punito affinché sia fermato in tempo prima che sia spacciato per tutta la vita. E’ necessario fargli entrare bene in testa che la sfortuna è come la fortuna: passa, non conta, forse non esiste nemmeno. Chi si sente un po’ sfigato, in verità, nasconde un’enorme paura di fallire. Per metterlo sulla buona strada bisogna servire qualcosa di non propriamente buono. Un piatto che prima di tutto lo faccia riflettere. Patate lesse condite con aceto? Zuppa di barbabietola rossa, prugne e panna acida (Borsch)? Il primo piatto è semplice, terreno e concreto grazie alla presenza della patata, ma con l’aceto versato in modo generoso diventa un po’ punitivo. Anche nella Smorfia usare l’aceto vuol dire sentirsi in colpa per qualcosa che abbiamo fatto o per qualche parola pronunciata fuori posto e che per questo motivo vogliamo infliggerci una punizione. Per esempio sognare di versare per terra o sul tavolo l’aceto è simbolo di una sofferenza interiore. La barbabietola, invece, è un tubero come la patata ma reso particolare da quel sapore forte di terra – dovuto alla geosmina – che per la maggior parte delle persone non è propriamente gradevole. Una zuppa di barbabietola rossa, con prugne e panna acida (piatto di origine ucraina) non in completa sintonia con i nostri gusti, può essere il piatto giusto per far riflettere chi lo mangia. Quindi se non avete voglia di “punizioni” gastronomiche non dichiaratevi mai “sfigati”, del resto si sa la gente preferisce stare con i fortunati, con quelli a cui “gira” sempre bene. Anche se non è vero che è così, sforzatevi: mangerete anche meglio.

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