Un pensiero per me e per tutte quelle mamme che a dicembre devono trasformarsi in qualcosa che sta a metà strada tra Dio e uno psico-chef tuttofare. Non è che gli altri mesi vada meglio, ma a dicembre tocchiamo l’apice. Prima delle feste natalizie dobbiamo acquisire il dono dell’ubiquità. Come Dio dobbiamo essere in ogni luogo, che sia colloquio scolastico, recita, lezione a porte aperte, mercatini per raccogliere fondi, presepi da realizzare o feste di classe.
Se poi i figli sono più di uno, non basta l’ubiquità, oltre a doti di acrobazia e meditazione trascendentale, bisogna affidarsi a veri e propri miracoli. Inoltre, sotto le feste, a ogni mamma che si rispetti, capace di curare, rassicurare e mettere in tavola il pane quotidiano, è richiesto quello sforzo creativo in più per fare del Natale una festa calorosa ma soprattutto gustosa.
E via con le serate trascorse a chiudere cappelletti o tortellini da annegare in grassi brodi di cappone dopo aver preparato arrosti, contorni e sbattimento… di uova per il mascarpone artigianale.
Ma le buone mamme devono anche saper ascoltare. Così all’occorrenza dobbiamo farci piccole piccole e trasformarci in un pungiball o in una spugna che assorbe ogni malumore e screzio col fratello, la sorella o l’amica del cuore. Come ogni mamma, però, non dobbiamo dimenticare di fare la voce grossa quando serve (sempre se c’è rimasta l’energia per emettere un qualsiasi suono umano…) e subito dopo perdonare, sempre. Cosa c’è di più bello di un abbraccio di pace, quando la sgridata è andata a segno?
Ma nonostante questo so già che mentre sarò impegnata a fare salti mortali per essere dappertutto, basterà sentire la sua voce in chiesa mentre intona un canto di Natale insieme ai compagni di classe, o vedere i suoi occhi che cercano i miei per avere un’ulteriore conferma del mio amore, che tutta la fatica si scioglierà come neve al sole.
Allora sì che mi sentirò un vero Dio.