E’ dall’età di otto anni che sa che da grande avrebbe fatto lo chef. Sognatore? Nient’affatto. Gianluca Gorini era già un bambino determinato e, soprattutto, affascinato dalla magia capace di trasformare gli ingredienti in piatti, dalla varietà dei sapori e dalla condivisione di una cena. E ora a soli 34 anni, 20 dei quali trascorsi davanti ai fornelli, si ritrova a essere un astro nascente della migliore cucina italia pronto a entrare nel ristretto gruppo dei “grandi”.
Da qualche mese un altro sogno di Gianluca Gorini si è realizzato: da chef alle dipendenze, infatti, è diventato chef-imprenditore. Dopo aver terminato la sua esperienza a Le Giare, locale di Montiano con cui si era fatto notare a livello nazionale, dallo scorso febbraio aveva iniziato a lavorare, anima e cuore, al progetto del suo nuovo ristorante e ora, finalmente, l’8 settembre ha inaugurato “Da Gorini” a Bagno di Romagna nei locali dell’ex Gambero Rosso, locale storico dell’Alta Valle del Savio. Si tratta di una delle aperture più attese di quest’anno a livello nazionale.
Perché Bagno di Romagna?
Sono tanti i motivi. Innanzitutto perché mia moglie è di Bagno di Romagna e quindi per me significa stare con lei e mio figlio, stare bene e quindi lavorare meglio. Poi io sono veramente innamorato di questo territorio. Quando nel 2001 arrivai qui dalla scuola alberghiera di Pesaro per lavorare nel ristorante di Paolo Teverini, scoccò subito una scintilla tra me e questa terra. Mi piacciono i frutti che dà, le materie prime. Mi piace cucinarle e avere questo rapporto diretto con chi li coltiva o li alleva. Mi piace il paesaggio. Mi piacciono anche le persone e i valori che ancora riescono a esprimere senza filtri o sovrastrutture.
Quindi Paolo Teverini, da suo maestro, è diventato un competitor sul campo?
Tra me e lui c’è un rapporto splendido. E’ stato il primo, quando sono arrivato qui, a venire a festeggiare con una bottiglia di champagne. Io devo solo ringraziarlo per tutto quello che mi ha insegnato e non solo in cucina. Quindi non penso proprio che ci sia competizione, anzi. Penso che questo territorio abbia bisogno di persone che facciano squadra per valorizzarlo ancora di più. E’ una parte di Romagna spesso sconosciuta al turismo più classico ma, secondo me, molto speciale. Io ho lavorato a Siena e penso che alcuni luoghi della Valle Savio non abbiano nulla da invidiare a quel territorio così amato dagli stranieri. E’ una terra che definirei autenticamente raffinata, unica nel suo genere. Ha caratteristiche e specialità che trovi solo qui. E la cucina la rappresenta.
Ha rinnovato il locale. Come l’ha arredato?
Ho voluto mantenere l’anima storica del Gambero Rosso ma contemporaneamente dare una mia personalità. Le sale sono rimaste simili ma le ho arredate con legno, ferro, opere di artisti faentini. Il locale è minimal ma elegante. Non ci sono tovaglie, solo lampade al muro, tavole di legno disegnati e realizzati a mano da artigiani. Nell’arredamento, come nella mia cucina, mi piace dare grande importanza al gesto, alla manualità, alle tradizioni. In questo sono stato aiutato da Erica Giunchi e Ilaria Catozzi, dello studio di arcchitettura Random Design di Ravenna.
E’ un astro nascente della cucina, come ci si sente? Come in un talent?
No, non ha nulla a che fare con i talent. Quello che si vede nei talent è solo una piccola parte del nostro mondo. Un mondo fatto di impegno, sacrificio, sudore. Io sono 20 anni che a Natale non mi siedo a pranzo con i miei genitori. E ora che ho aperto il mio ristorante dalle 8 di mattina fino alle 3 di notte sono qui. I talent vanno bene perché ci danno visibilità, ma spesso danno un messaggio un po’ distorto. Per fare il nostro lavoro ci vuole passione e tanta dedizione.
Cosa vede nel futuro?
Vivo con la leggerezza di chi sta facendo quello che gli piace. Le ho detto che a otto anni sapevo già che volevo fare lo chef ma, sebbene avessi dei genitori ristoratori, non era così scontato che ci riuscissi. Mio fratello, per esempio, fa il magazziniere. Ho sempre avuto questo sogno e l’ho inseguito con tutte le mie forze. Ora voglio arrivare al giusto equilibrio tra lavoro, vita e sogni. Quando si sta bene, si fanno le cose bene: è questo il mio obiettivo.
C’è uno chef a cui s’ispira?
Devo ringraziare Paolo Lo Priore, un maestro che mi ha insegnato che dietro a un piatto c’è altro, e Paolo Teverini. Entrambi sono stati, e sono tuttora, ispiratori per me di un tipo di cucina che mi piace. Il resto ce lo metto io.
Cosa cucinerà “Da Gorini”?
Carne dell’appennino, animali da cortile, cervi, daini, qualche pesce di mare (baccalà e aringhe perché i pesci conservati si sono sempre mangiati in collina). Tutti prodotti che rispettino il territorio. E tanta verdura.
Qualche piatto…
Tortello ripieno di melanzane affumicate con salsa all’erba cipollina e un primo sale di capra. Agnello cotto alla brace, aromatizzato a bacche ginepro e timo cedrino. Una royale di parmigiano reggiano con funghi porcini, noci e nepitella.
Lei cosa mangia normalmente?
Verdura e carne, preferibilmente crudi. Mi piace molto la freschezza dei cibi crudi. Se penso a cosa mangerei volentieri? Una bella insalata di finocchio con olive e arance. Oppure, se voglio coccolarmi, un bel piatto di passatelli in brodo.
Ultima domanda: i prezzi? Accettabili. Voglio dare modo a chiunque di entrare qui dentro, dev’essere un’esperienza alla portata di tutti. E’ previsto un percorso degustazione con 4 portate a 40 euro, oppure ci sono primi da 12 euro, antipasti da 10. Con due piatti non si spende più di 25/30 euro.
Un ringraziamento?
Sì al paese di Bagno di Romagna. La gente che ci vive mi ha veramente fatto sentire un grande affetto. E questo ci dà la giusta carica per fare sempre meglio.